Cyrano de Bergerac banner

Dopo neanche due mesi dalla mia ultima incursione tra i teatri del West End di Londra (ve ne ho parlato QUI e QUI), il 15 e 16 dicembre sono ritornata sull’isoletta britannica solo per vedere James McAvoy (uno dei miei attori preferiti) in Cyrano de Bergerac (una delle commedie che più amo).

Forse non tutti hanno letto o visto la commedia, ma alla maggior parte di noi non è sconosciuta la nasuta figura dello spadaccino nato dalla penna di Edmond Rostand (e ispirato alla figura di Savinien Cyrano de Bergerac) che affermava che un bacio altro non è se non “un apostrofo rosa tra le parole t’amo”.

Ebbene, la nuova versione riscritta da Martin Crimp e diretta da Jamie Lloyd (in scena al Playhouse Theatre fino al 29 febbraio 2020) è lontanissima da quello che ci si aspetta.

Via le cappe, via il nasone, via le spade e via i pennacchi.

Il nostro Cyrano veste pantaloni neri, anfibi e T-shirt. Il suo naso non è enorme quanto quello di Pinocchio quando dice le bugie, ma non importa, egli allo specchio si sente e si vede comunque brutto e deforme. Al posto della spada impugna un microfono e si lancia in coreografici duelli armato di monologhi serratissimi e in rima, arrivando persino a rappare.

Il focus di tutto lo spettacolo è la parola: il peso e il valore che le parole hanno.

In Cyrano, infatti, ci troviamo in una società in cui tutti sono ossessionati dalle parole e dall’abilità nel saper creare con esse. L’omonimo protagonista è la mente più brillante e creativa che esista, ma il suo involucro esteriore (il suo corpo e, soprattutto, il suo naso) lo rende insicuro. Completamente innamorato di Roxane, non si dichiarerà mai ad essa. Ella, infatti, si è innamorata a prima vista di Christian, nuovo cadetto tanto bello quanto negato con le parole. Ed eccoli qui Cyrano e Christian, la mente e il corpo perfetti ma separati in due esseri diversi. Spinto dall’amore Cyrano acconsentirà sia a proteggere Christian che a fargli dono delle sue parole, dando inizio a un triangolo amoroso che si concluderà nel più straziante dei finali.

Cyrano de Bergerac è una commedia praticamente perfetta: oltre ad essere un elogio alla parola e all’immaginazione è divertente, commovente e romantica.

Proprio per enfatizzare il lato dell’immaginazione, il regista ha deciso di spogliare la rappresentazione da tutti gli orpelli e affidare totalmente alla bravura degli attori il difficile ruolo di catturare l’attenzione del pubblico e stimolarne l’immaginazione al punto tale da arrivare a vedere un enorme naso sul volto di McAvoy o Roxane che si affaccia al balcone.

E l’impresa è più che riuscita: bravissimi tutti, McAvoy di un’altra categoria. Le quasi tre ore di spettacolo volano senza neanche accorgersene (forse un po’ più lentino il secondo atto, che è anche il più corto, ma è la storia stessa a rallentare), gli sprazzi di rap – accompagnati anche da una bravissima beatboxer – sono dosati con equilibrio.

Divertente il De Guiche di Tom Edden, intelligente e forte (e non solo bella) la Roxane di Anita-Joy Uwajeh.

Potente, commovente, divertente, fragile il Cyrano portato in scena da McAvoy, un vero animale da palcoscenico.

Brillante la collaborazione tra Crimp, Lloyd e McAvoy.

Questa versione del Cyrano de Bergerac è in grado di affascinare anche il più restio degli spettatori, che immagina il teatro come un luogo polveroso frequentato da parrucconi.

Niente di ciò che immaginate vi aspetta alla Playhouse. I duelli degli spadaccini si trasformano in vere rap-battle: Cyrano de BergeRAP is in da house!

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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