Si è concluso la scorsa domenica il debutto romano de La Piccola Bottega degli Orrori, la versione italiana del musical ispirato all’omonimo film del 1960 diretto da Roger Corman.
Il film, nonostante lo scarso successo commerciale, divenne una pellicola di culto, ispirando il musical composto da Alan Menken (il compositore feticcio della Disney) con testi e libretto di Howard Ashman (il paroliere delle canzoni de La Sirenetta e La Bella e la Bestia), che a sua volta venne ritrasformato in un film nel 1986 da Frank Oz.

Piero Di Blasio firma l’adattamento e la regia di questo nuovo coraggioso progetto, ospitato al Teatro Sala Umberto di Roma per ben tre settimane.
La trama, semplice ma complessa da portare in scena, è tragi-comica. Si ride tanto, ma all’apice del climax arrivano plot-twist improvvisi e gelidi, con tematiche che offrono profondi spunti di riflessione.
La storia è fedele al film e al musical originale (senza quel happy-ending voluto dagli americani nel remake del 1986): Seymour, un timido e impacciato uomo che lavora (sfruttato, più che altro) in un negozio di fiori ama Audrey, che però frequenta un pazzo dentista manesco. Il negozio di fiori, gestito dall’avido Mushnik, è sull’orlo del fallimento, ma Seymour ha una soluzione: una rarissima pianta (carnivora?) che rinomina, in onore della sua amata, Audrey II.
Si susseguono momenti teneri, adozioni, uccisioni, morti violente, alieni. Insomma, accade di tutto!

Lo spettacolo funziona, e funziona bene. Le canzoni tradotte in italiano non disturbano affatto. Il cast è affiatato e talentuoso. Bravissime le tre dive narratrici Giovanna D’angi, Stefania Fratepietro e Claudia Portale (mi hanno ricordato tanto le muse del film d’animazione Hercules) che hanno delle voci da far invidia e una presenza scenica che buca la quarta parete. Potente anche la voce di Belia Martin come Audrey, a volte però un po’ sottotono nelle parti recitate. Da paura (nel senso buono e romano del termine) il trasformista Emiliano Geppetti, insuperabile Giampiero Ingrassia nei panni dell’impacciato Seymour.

Giampiero Ingrassia è uno dei nomi storici del musical italiano, ma io non lo avevo mai visto in azione. Ebbene, vi giuro che è dal 19 dicembre (quando sono andata a vedere lo spettacolo), che non faccio altro che pensare a quanto sia bravo. Perfettamente calato nel ruolo, tempi giusti, movenze e recitazione perfette, mai finto o posticcio. Seymour vive e respira tramite lui. E poi il canto! Meraviglioso davvero.
Geniale anche la trovata di far interpretare Audrey II da una persona in carne ed ossa, in questo caso dalla drag singer Velma K, perfettamente calata nel ruolo.

Alquanto altalenante, invece, Fabio Canino nel ruolo di Mushnik. Per quanto ci abbia provato e si sia impegnato, le mancanze sia in campo recitativo che in quello canoro sono visibili, soprattutto quando è affiancato da certi professionisti come Ingrassia.
Poco omogeneo il ristretto corpo di ballo/ensamble, calante soprattutto sul versante coreografico (bravi i due ragazzi, spicca fra tutti Michele Anastasi).
Nel complesso, ad ogni modo, lo spettacolo merita di esser visto. Un bel progetto di qualità che partirà presto con un tour in tutta Italia, non fatevelo scappare. Ma mi raccomando: non comprate delle strane e sconosciute piante e, soprattutto, non dategli da mangiare altro che non sia acqua o concime!