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Dopo il successo della scorsa stagione Il Lago dei Cigni nella veste coreografica di Benjamin Pech è tornato al Teatro dell’Opera di Roma (ad apertura della nuova stagione ballettistica), e non è difficile capirne il perché.

Il Lago dei Cigni è la quintessenza del balletto romantico: una struggente storia d’amore, un trionfo di tulle, tecnicismo che si intreccia a pathos; il tutto sublimato dalla musica di Cajkovskij, uno dei grandi compositori che ha reso grande (e sinfonica) anche la musica da balletto.

Benjamin Pech – étoile dell’Opéra di Parigi e dal 2016 Maître de ballet assistente alla Direzione del Ballo al Teatro dell’Opera di Roma – partendo dalla versione di Petipa ed Ivanov ne restituisce una rilettura profonda, che arriva a toccare e ad intrecciarsi persino con gli aspetti più privati della vita del compositore stesso.

Il tema principale sottolineato dal coreografo francese è il tradimento, perpetuato sia da Benno, il miglior amico del principe Siegfried, che da quest’ultimo stesso.

Il primo è mosso dalla gelosia e dall’invidia: cresciuto all’ombra della patinata e regale vita dell’amico è vittima del complesso dell’eterno secondo; per vendicarsi brama di portargli via tutto ciò che ha di più caro.

Il principe, dal canto suo, è incapace di diventare l’uomo che è destinato ad essere (con tutti gli oneri e gli onori che ciò comporta); inetto e fanciullesco al contempo, spaventato dalla propria sessualità (i movimenti coreografici e la pantomima di Pech sottolineano visibilmente la latente omosessualità di Siegfried e il suo rapporto con Benno), inganna e condanna Odette.

Nella versione di Pech è Benno stesso, inoltre, a incarnare i perfidi piani che di solito nella tradizione sono messi in atto dallo stregone von Rothbart; la sua natura doppia e manipolatrice è resa chiara anche dalla maschera che indossa. E così Benno tesse le fila dell’inganno, facendo cadere nella sua intricata tela Siegfried, che a sua volta trascina con sé Odette.

Il principe, che si trova di fronte al doppio, al lato oscuro della fanciulla che dice di amare, non è in grado di vedere la realtà, di rendersi conto che quella che ha davanti non è Odette, e giura amore alla fanciulla sbagliata, legando inevitabilmente al suo infausto destino proprio Odette. Accecato dalla rabbia e dalla disperazione percorre il sentiero di morte preparato da Benno: impugnando la balestra (simbolo di regalità nonché regalo ricevuto dall’opprimente Regina Madre) scaglia la mortale freccia che, invece di colpire l’amico/nemico, uccide l’amata.

Nell’ora più buia e disperata, Siegfried diventa uomo: nonostante sia lacerato dalla perdita del suo amore ideale perdona Benno che, colpito da questo gesto, si risveglia dal suo torpore malefico realizzando tutto il male causato dai suoi oscuri propositi.

Benno raggiunge il suo scopo, ma a duro prezzo, e sul finire della storia si trasforma in sconfitto. Siegfried, invece, grazie alla sua capacità di perdonare raggiunge la catarsi e da inetto diventa un eroe ferito. Il finale voluto da Pech non è, quindi, il trionfo del male, ma la disperata e infinita ricerca di una perfezione impossibile da raggiungere.

Non c’è tradimento che non possa essere perdonato, scriveva Baudelaire. Il Lago dei Cigni ci rivela che quando il sentimento è eterno non c’è tradimento che non possa essere perdonato.

Benjamin Pech

Oltre alla trama il coreografo ha rimesso mano all’intera struttura ballettistica e pantomimica del balletto, confezionando una coreografia fresca e dai bellissimi quanto precisi disegni geometrici riservati soprattutto al corpo di ballo (consigliata la visione dall’alto).

Bella ed energica la presenza del corpo di ballo maschile; inappuntabile la controparte femminile, soprattutto quella portata in scena dai cigni.

Le prime due serate di rappresentazione (io ero presente alla recita serale di giovedì 2 gennaio), inoltre, sono state impreziosite da due étoiles d’eccezione: Polina Semionova e il giovane Daniel Camargo, che hanno mandato in visibilio il pubblico romano (gli applausi finali sono durati più di dieci minuti). La Semionova è senza dubbio una delle interpreti più eccellenti del doppio ruolo Odette/Odile.

Bravo ad Alessio Rezza, Primo ballerino dell’Opera di Roma, che ha brillato nel ruolo di Benno, soprattutto nella variazione del Primo Atto.

Perfetti i quattro cignetti, brave le due amiche di Siegfried (Federica Maine e Susanna Salvi).

Degni di nota i favolosi, sfarzosi ed eleganti i costumi di Aldo Buti, che firma anche le scene.

Il Lago dei Cigni nella rilettura di Benjamin Pech è un nuovo (e speriamo duraturo) fiore all’occhiello della compagnia romana, perfetto sotto ogni aspetto.

Foto: Pagina Fb ufficiale del Teatro dell’Opera di Roma

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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