carmen cavallo

Con il mio solito ritardo elefantiaco oggi vi porto in Spagna, raccontandovi del nuovo allestimento della Carmen messo in scena dal Teatro dell’Opera di Roma dal 2 al 10 febbraio.

Alla guida del progetto il ballerino e coreografo Jiří Bubeníček, che confeziona un vero e proprio balletto di due atti. Partendo dalla rilettura della novella di Prosper Mérimée, Bubeníček decide di raccontare la storia dal punto di vista Don José, vero protagonista dei fatti.

La struttura del balletto è ciclica: l’apertura del prologo avviene in una prigione, dove Don José, che sta per essere giustiziato, racconta all’autore Mérimée la sua travagliata storia. Da questo momento in poi si dipana una lunga analessi per tutta la durata dei due atti; a conclusione, nell’epilogo del balletto, l’esecuzione per impiccagione di Don José.

Carmen diviene, dunque, co-protagonista, motore e causa della trasformazione di Don José. È lui, infatti, il vero fulcro della storia. Durante lo svolgersi della storia viviamo ogni scena, ogni emozione e sensazione attraverso di lui. Da giovane ingenuo di campagna col progetto di diventare prete, crescerà in un soldato prima per infine trasformarsi in un assassino pluriomicida. Con Carmen conosce l’amore folle e passionale, dove eros si fonde con thanatos. In un crescendo serrato José volta le spalle alla sua vita per cercare di inseguire Carmen, che è invece indomabile. Selvaggia, istintiva, passionale e indomabile come il cavallo (gioiello meccanico dello spettacolo) presente in scena.

Ad arricchire la vicenda i personaggi presenti nella novella di Mérimée: dite quindi addio al torero Escamillo e a Micaela dell’opera di Bizet, ma date il benvenuto a Garcìa, il marito di Carmen, al viscido generale britannico e alla combriccola di amici gitani.

L’azione parte piano per poi continuare al galoppo, le scene e i costumirispettivamente firmati da Gianni Carluccio e Anna Biagiotti – sono efficaci alla messa in scena e valorizzano a modo i vari quadri.

La coreografia è innovativa; abbandonato il classico puro, fonde tecnicismi, movenze dal carattere spagnoleggiante e acrobatici duelli. Grande importanza è data alla mimica e all’interpretazione, dove Amar Ramasar (stella del New York City Ballet) è stato sublime. In un balletto così vero e ricco di emozioni non si può fingere o risparmiarsi e né Ramasar né Susanna Salvi (protagonisti della recita serale di sabato 9 febbraio) lo hanno fatto. Bravo anche Alessio Rezza nel doppio ruolo di capo-gitano e picador.

La narrazione può sembrare a tratti farraginosa e non fluida o discorsiva, dal momento che si susseguono vari quadri con diverse vicende avvenute nel corso di un ampio tratto temporale, ma bisogna ricordare che la storia è raccontata per flashback e dal punto di vista di Don José.

La sensazione di pastiche è sottolineata dalla musica; per la partitura, infatti, Gabriele Bonolis (che la firma) ha fuso e riarrangiato il lavoro di Georges Bizet con brani di sua creazione e di Manuel de Falla, Isaac Albéniz e Mario Castelnuovo-Tedesco.

Nel complesso un nuovo balletto maturo e accattivante, che stordisce e affascina il pubblico proprio come la bella gitana di cui porta il nome.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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