Locandina 2019

Gennaio è un mese difficile da affrontare, specialmente dopo il calore e la gioia che dicembre porta con sé. Gennaio è quel mese dell’anno che sembra interminabile e dove tutti i buoni propositi finiscono nel dimenticatoio dopo dieci giorni perché tanto tra un mese è Carnevale, poi viene Pasqua, poi la scampagnata del primo maggio, poi arriva l’estate e ciaone.

Gennaio è freddo, lungo, grigio, piovoso e interminabile. Da diversi anni a Roma, però, gennaio porta con sé alcune delle stelle più luminose del panorama internazionale della danza classica. Merito di Daniele Cipriani e del suo Gala Internazionale di danza Les Étoiles.

Già lo scorso anno vi avevo raccontato di quanto io attenda con gioiosa ansia l’evento (QUI), e anche quest’anno le aspettative non sono state deluse. Giurerei che è impossibile restare delusi da uno spettacolo tale, quando sul palco sono riunite tante eccellenze tutte insieme.

L’unico avviso che posso darvi è che a fine spettacolo potreste ritrovarvi con le mani doloranti e senza voce per via dell’entusiasmo col quale vi ritroverete ad applaudire ed a urlare “Bravo!” agli interpreti in scena.

Ad aprire le danze, quest’anno, sono stati Olesya Novikova (Teatro Mariinsky di San Pietroburgo) e Leonid Sarafanov (già Teatro Mariinsky di San Pietroburgo e ora Teatro Mikhailovsky di San Pietroburgo) con il romanticissimo passo a due della scena del balcone di Romeo e Giulietta. I due, essendo coppia anche nella vita, hanno saputo rendere il passo a due ancora più sentito e magico. Nel secondo tempo dello spettacolo hanno invece portato in scena uno dei passi a due più tecnici, difficili e temuti del mondo del balletto, Grand Pas Classique. Eleganti e leggeri; poco importa se sulla diabolica diagonale della variazione di Grand Pas la caviglia della Novikova ha avuto un leggero cedimento (quella variazione è veramente il male! Senza contare l’ansia di avere addosso quasi 3000 persone che ti scrutano col fiato sospeso), da grande professionista quale è ha concluso la variazione e il passo a due in maniera perfetta.

Altra coppia sul palco e nella vita, Maria Alexandrova e Vladislav Lantratov (entrambi Teatro Bolshoi di Mosca) hanno proposto il passo a due da La figlia del Faraone, un balletto classico da sempre poco rappresentato e qui riproposto nella coreografia di Pierre Lacotte. Nel secondo tempo si sono trasformati in Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev nel passo a due da Nureyev, balletto coreografato da Yuri Possokhov nel 2017 che ha subìto una serie di sfortunati eventi in patria. Sicuramente uno dei momenti più belli e toccanti di tutta la serata; un passo a due emozionante e suggestivo.

Piacevolissimo e graditissimo il ritorno dell’acclamato ospite a sorpresa del 2018, il madrileno Sergio Bernal (Balletto Nazionale di Spagna) che fonde in un unico corpo la tecnica classica e la passione del flamenco. Il flamenco è stato protagonista del suo primo pezzo Zapateado De Sarasate (coreografia di Antonio Ruiz Soler) con cui ha magneticamente catturato ed entusiasmato tutto il pubblico in sala a ritmo appunto di zapateado, la percussione del suolo attraverso il tacco, la punta e la pianta del piede. Nel secondo tempo ha proposto una versione neoclassica de La morte del Cigno su coreografia di Ricardo Cue, dal più semplice titolo Il Cigno. Sfidando pregiudizi e puristi, Bernal porta in scena una versione maschile del cigno morente dove il cigno, spogliato di punte e tutù, assume sembianze più umane e racconta la toccante fine di una vita che si spegne.

La cosa bella della serata è stato il fatto che, nel corso del primo tempo della serata, sia stata portata in scena anche l’originale coreografia de La morte del Cigno, in modo da regalare allo spettatore non solo l’occasione di godere di entrambe le versioni, ma anche di allargare senza pregiudizi i propri orizzonti.

L’altro cigno della serata è stata Polina Semionova (già American Ballet Theatre o ora Teatro dell’Opera di Berlino), semplicemente perfetta ed eterea nella sua Morte del Cigno che ha straziato i cuori di tutti i presenti in sala. Momenti di pura estasi. Nel secondo tempo dello spettacolo ha condiviso il palcoscenico col fratello, Dmitry Semionov, nella neoclassica coreografia di Nacho Duato Cello Duet, poetica rappresentazione di musica che si trasmuta in danza.

Deliziosa scoperta Bakhtiyar Adamzhan (Teatro dell’Opera di Astana) i cui salti, elevazione e potenza hanno totalmente conquistato il cuore degli stupiti spettatori romani. Tutta la sua esplosiva potenza e versatilità è emersa nei ben tre pezzi che ha portato in scena: il passo a due da Diana e Atteone, accompagnato dalla perfetta Tatiana Melnik (Hungarian State Opera), che è stata sua brillante partner anche nel passo a due dal III atto del Don Chisciotte. Il lavoro di piedi e la velocità nella variazione di Kitri della Melnik ha tolto il fiato ai presenti, così come la variazione maschile di Adamzhan e la coda conclusiva, che è risultato il pezzo più acclamato dagli spettatori completamente in visibilio. Adamzhan ha inoltre aperto il secondo tempo dello spettacolo ballando con l’ospite a sorpresa di questa edizione del Galà, Nicoletta Manni (Teatro Alla Scala di Milano). I due hanno interpretato Le Jeune Homme et la Mort di Roland Petit (ripresa da Luigi Bonino), intensa coreografia pienamente sentita e portata in scena in maniera magistrale dai due ballerini. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla carica espressiva di Adamzhan ma anche da quella della Manni, completamente centrata nel ruolo.

Delizia tra le delizie il duo Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov (Royal Ballet di Londra). Chi mi conosce sa quanto io ammiri e ami la Nuñez, che al momento reputo la migliore ballerina classica presente a livello internazionale. Semplicemente perfetta: eterea, elegante, dinamica, espressiva, versatile, musicale. Riesce a trasmettere e a comunicare anche attraverso l’unghia del mignolo della mano sinistra. Potrei raccontarvi dei suoi fouettés che sono davvero perfetti: a tempo, con la gamba che è davvero in seconda, con le braccia che sono davvero in prima e non hanno gomiti penzoloni o braccia strette al corpo e che, come se non bastasse, sono davvero seguiti a tempo e senza partire per la tangente. Potrei parlarvi delle posizioni che sono davvero portate a termine e chiuse o di quanto sia espressiva anche quando si posiziona all’inizio della variazione, ma mi fermo qui.

Insieme con Muntagirov – scherzosamente chiamato da colleghi e fan “Vadream” e ora capisco perché: linee, tecnica, perfezione, leggerezza (atterra dai salti e praticamente non si sente) – hanno portato in scena il passo a due da Sylvia e il passo a due dal II atto de Le Corsaire, col quale si è concluso lo spettacolo.

Stasera si replica alle ore 21 sempre presso la sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e (sommo gaudio!) sono già state rese note le date per il prossimo galà a Roma: ben tre serate, venerdì 24, sabato 25 e domenica 26 gennaio 2020.

Io, salvo eventi funesti, conto già di essere tra il pubblico romano del prossimo anno. Il gala de Les Étoiles è diventato per me un evento imprescindibile al quale consiglio vivamente a chiunque di andare, la presenza dei giganti della danza e il programma vario sapranno accontentare non solo il pubblico più esigente, ma anche quello timoroso e in soggezione nei confronti del mondo del balletto.

Les Étoiles, infondo, è un inno alla vita e alla bellezza, alla gioia e alla fratellanza.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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