Locandina Bernstein 100

Il 2018 segna il centenario della nascita del genio di Leonard Bernstein. Numerosi in tutto il mondo gli eventi per celebrare, e continuare a diffondere, la sua musica.

Il Royal Ballet di Londra si è unito al coro dei festeggiamenti con un trittico composto da due premiere mondiali e un revival creati dai tre coreografi inglesi McGregor, Scarlett e Wheeldon.

Ad aprire la serata è stato Yugen, il nuovo lavoro di Wayne McGregor; la musica scelta sei salmi commissionati dal decano della Cattedrale di Chichester nel 1963, meglio noti come i Salmi di Chichester.

La coreografia non è propriamente narrativa e lascia spazio alla libera interpretazione dello spettatore; i movimenti sinuosi degli undici ballerini presenti sul palco (impressionante la flessuosità della principal Sarah Lamb) sono accompagnati dal coro e dall’assolo della voce bianca in un’esperienza quasi mistica. Toccante la chiusura, affidata al duo maschile Calvin Richardson e Joseph Sissons.

Il ceramista Edmund de Waal firma le scenografie dalle linee semplici e pulite, mentre i costumi sono di Shirin Guild e il lighting design di Lucy Carter.

The age of anxiety è il lavoro di Liam Scarlett che ritorna sul palco del Royal Ballet dopo il debutto nel 2014. La coreografia di Scarlett è ispirata dall’omonima sinfonia n.2 di Bernsterin, a sua volta ispirata dal poema di W.H. Auden.

Dei tre lavori devo ammettere che questo è stato quello che mi è piaciuto di più, forse aiutato anche dal fatto che il minimo di sottotrama facilita lo spettatore nella visione. Le scene di John Macfarlane e le luci di Jennifer Tipton hanno poi fatto metà del lavoro: un’ambientazione e una fotografia degni di un Oscar.

I quattro ballerini in scena Sarah Lamb (l’unica donna e per giunta sui tacchi!), Alexander Campbell, Bennet Gartside e Tristan Dyer raccontano il male di vivere, il vuoto esistenziale, la crisi d’identità e la solitudine in cui versa l’uomo moderno nel mondo industrializzato al tempo della Seconda Guerra Mondiale e il faticoso tentativo di ricerca del proprio Io.

Perfettamente nei ruoli tutti e quattro i ballerini che hanno portato in scena alti livelli di interpretazione drammatica senza risultare caricati o falsi. Sono rimasta particolarmente (e positivamente) colpita da Sarah Lamb, che di solito trovo perfetta tecnicamente ma un po’ controllata e fredda nell’interpretazione.

A concludere il trittico è Corybantic Games, il nuovo lavoro di Christopher Wheeldon creato appositamente per questo anniversario e ispirato dal concerto Serenade, after Platos’s Symposium.

I costumi sono di Erdem Moralioglu, le scene di Jean-Marc Puissant e il lighting design di Peter Mumford.

Atleti e divinità greche e amore in tutte le sue sfaccettature sono i protagonisti di questo balletto non narrativo. Al di là del tema generale, infatti, come e più di Yugen, Wheeldon porta in scena la danza pura, quella con la D maiuscola. Pura espressività e libertà di movimento, poesia che si fa danza.

Non mi stancherò mai di dirlo, Wheeldon è un genio nato sotto l’ala protettrice di Tersicore. Riesce a creare dei bellissimi e particolari movimenti coreografici che sono tipici della sua firma.

Dei cinque movimenti che compongono questo balletto, quello che mi è piaciuto di più è stato il passo a sei, o meglio i tre passi a due in contemporanea, del quarto movimento. Tre coppie di ballerini si dividono la scena: una formata dal giovane duo maschile Matthew Ball (che mi piace sempre più) e William Bracewell, la controparte femminile formata Beatriz Stix-Brunell e Yasmine Naghdi e la coppia eterosessuale di Lauren Cuthbertson e Ryoichi Hirano. Le tre coppie ballano separate, ma affiancate, portando in scena la rappresentazione delle varie declinazioni dell’amore.

L’omaggio a Bernstein del Royal Ballet è un’esperienza unica ed emozionante, una possibilità per godere dei nuovi lavori dei coreografi contemporanei lasciando da parte il balletto romantico per esplorare e conoscere la quintessenza della danza.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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