Locandina 2018

È da gennaio 2015 che sono fedele spettatrice del Gala internazionale di danza Les Étoiles a cura di Daniele Cipriani.

Lui si autodefinisce scherzosamente “il Patron delle Étoiles”, ma per me è Babbo Natale che porta in dono regali bellissimi: grazie a questo galà, infatti, si ha la possibilità di veder danzare dal vivo tutti in una volta i propri ballerini del cuore, tra cui stelle del firmamento che brillano in teatri lontani dall’Italia (e quindi sarebbe davvero alla portata di pochi portafogli il viaggiare di paese in paese e pagarsi biglietti aerei e teatrali e vitto e alloggio per raggiungere ogni ballerino nel teatro in cui è Principal). Quindi, come dicevo, ci pensa Daniele Cipriani a risolvere la situazione e a portare la montagna da voi.

Quest’anno, a differenza degli anni passati, la cornice dell’evento è stata la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica (mentre in precedenza la sede era l’Auditorium Conciliazione), ubicazione decisamente migliore e, come sempre, la manifestazione si è svolta in due serate (sabato 27 e domenica 28 gennaio).

Dopo conferme e cambi di protagonisti all’ultimo minuto (causa infortuni o malattia), queste le stelle presenti sul palco: Alena Kovaleva e Jacopo Tissi dal Teatro Bolshoi di Mosca, Marianela Nuñez dal Royal Ballet di Londra, Iana Salenko dall’Opera di Berlino, Kimin Kim e Vladimir Shklyarov dal Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, Léonore Baulac e Hugo Marchand dall’Opéra di Parigi, Daniel Camargo dal Balletto di Stoccarda, Liudmila Konovalova dall’Opera di Vienna, Joaquin de Luz dal New York City Ballet e Sergio Bernal dal Balletto Nazionale di Spagna.

Ad aprire la serata con un trionfo di eleganza e linee la giovanissima coppia formata da Alena Kovalena e Jacopo Tissi nel Pas de deux Diamonds da Jewels di George Balanchine, mentre nel secondo atto hanno portato in scena il Pas de deux da Raymonda. Se così giovani i due hanno saputo ballare a tale livello, non oso immaginare quali meraviglie porteranno in scena in futuro.

Iana Salenko e Kimin Kim (Pas de deux del III atto da La Bayadère e Pas de deux del II atto da Il Corsaro) hanno strappato applausi a un pubblico entusiasta delle elevazioni che sfidano la forza di gravità di Kimin Kim e delle diagonali di giri e leggerezza di Iana Salenko.

Sergio Bernal è stata una piacevolissima scoperta. Nel primo atto ha incantato la platea con Farruca del Molinero di Antonio Ruiz Soler, un pezzo di flamenco energico, sensuale e virile che metteva in risalto la sua presenza scenica.

L’esplosivo Joaquin De Luz non è stato da meno con Five variation on a theme di David Fernandez, pezzo neoclassico dove gli equilibri, l’elevazione e il dinamismo del ballerino si sposavano con la musica di Johann Sebastian Bach.

I due hanno poi portato in scena nel secondo atto Folia de Caballeros, una loro coreografia che li vede anche protagonisti, dove l’animo spagnolo, lo stile classico e il flamenco si fondono insieme.

Vladimir Shkylarov, étoile a sorpresa del galà dello scorso anno, si è riconfermato un grandissimo ballerino e interprete: se nel primo atto ha ballato, insieme con Liudmila Konovalova, il Pas de deux del cigno nero da Il lago dei cigni dove ha portato in scena una tecnica squisitamente classica, nel secondo atto si è ripresentato col divertentissimo (ma assai ricco di tecnicismi) Ballet 101 di Eric Gauthier.

La coppia che meno mi ha convinta è stata quella formata da Léonore Baulac e Hugo Marchand. Nel primo atto si sono esibiti nel Pas de deux da Esmeralda dove la Baulac ha avuto diversi problemi di equilibri, stabilità e forza nelle caviglie. Durante la famosissima variazione di Esmeralda col tamburello, infatti, la caviglia della ballerina ha ceduto nella diagonale finale, mentre i fouettés della coda non sono andati per niente (forse troppo lenti? Girare in maniera così lenta richiede un equilibrio e una trattenuta maggiore e a lungo andare può portare alla perdita del focus nei giri) e, come però solo i più grandi sanno fare, la Baulac ha ritenuto più saggio chiudere prima per evitare una rovinosa caduta a terra. Abbandonate le punte e il classico, nel secondo atto i due hanno ballato Amovéo di Benjamin Millepied, una coreografia dall’anima contemporanea ricca sì di virtuosismi, ma forse non sempre ben legati tra loro e certo non aiutati dalla musica di Philip Glass.

Sarò di parte, ma, per quanto mi riguarda, la stella più luminosa della serata è stata Marianela Nuñez. Affiancata in questa serata dall’astro nascente di Daniel Camargo, sia che porti in scena il Pas de deux da Giselle o quello del III atto dal Don Chisciotte la Nuñez è davvero sempre perfetta e, anche quando pensi che non possa più stupirti, raggiunge apici di perfezione assoluta che ti lasciano sbalordita ed entusiasta. La sua tecnica inappuntabile e le sue linee sono messe al servizio della musica e dell’interpretazione. A differenza delle più algide russe, che portano in scena tecnicismi perfetti, ma freddi, la Prima ballerina del Royal Ballet dà vita ai suoi personaggi, che respirano attraverso i suoi movimenti. Quello che più mi piace della Nuñez è che non sacrifica la musica per far sfoggio dei suoi virtuosismi, che dà valore a ogni più piccolo movimento e che ogni passo è davvero eseguito alla perfezione e non buttato via in favore del virtuosismo (ad esempio: durante i fouttés i giri sono sempre puliti, le braccia e i gomiti non penzolano o non vengono stretti al proprio corpo, le posizioni sono sempre portate a termine in linee pulite, le quinte vengono chiuse davvero, ecc.). Il tutto, come dicevo, coronato da un’interpretazione vera. Quando la Nuñez entra in scena, si vede nei suoi occhi luminosi quanto grande sia la sua passione e quanto si senta felice, ma grata al contempo, per poter fare ciò per cui è nata.

Insomma, come dice Daniele Cipriani stesso, il gala Les Étoiles è un inno alla gioia e all’amicizia tra i popoli della scena e della terra. Un appuntamento assolutamente imperdibile.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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