Scarpette e cinema

Musical.  Le prime due persone che la maggior parte di cinefili, ballettomani e tranquilli fruitori della settima arte associano a questo genere sono Fred Astaire e Gene Kelly.

Colonne d’Ercole della cinematografia musicale, Astaire e Kelly sono stati associati e comparati praticamente da sempre. Diversissimi l’uno dall’altro, sia per periodo e vissuto (un decennio all’interno del mondo dell’arte può marcare un’importante differenza di stile) che per fisicità e stile, sono stati addirittura descritti da alcuni come i Mozart e Salieri del cinema danzante.

Conosciamoli meglio, dunque, i nostri attori-ballerini-cantanti dai piedi mai stanchi, attraverso un excursus che ne sottolinea somiglianze e differenze in rapporto anche all’evoluzione del genere musicale.

Fred Astaire

Figlio di un austriaco e di un’alsaziana emigrati a Omaha, Nebraska, Frederic Austerlitz Jr. fa la sua venuta al mondo il 10 maggio 1899. Fin da piccolino mostra una profonda attrazione per la danza, tanto che i genitori lo incoraggiano nello studio di questa disciplina.

Entrò nel mondo dello spettacolo del music hall insieme con la sorella Adele, per poi approdare a Hollywood da solo nel 1932 (lei si ritirò in seguito al suo matrimonio), firmando un contratto con la RKO Pictures. Il 1933 è l’anno del suo primo film con la sua partner per eccellenza: Ginger Rogers. Il film è Carioca (Fly down to Rio). Il loro memorabile sodalizio artistico (di ispirazione anche a Fellini) renderà dieci musical.

A differenza delle pellicole tradizionali, all’interno del genere musical le scene danzate sono pregnanti al fine narrativo della storia (e non mero intrattenimento), enfatizzando insieme con le canzoni, i sentimenti dei protagonisti. Il tip-tap (o tap dance in inglese) è lo stile che a partire dagli anni Trenta del ‘900 diventa sinonimo del musical americano. Affondando le sue radici nella clog dance irlandese – la danza che prevedeva l’uso di zoccoli di legno e nata in Irlanda nell’Ottocento (sì, proprio quella scimmiottata da Madame Simone nel balletto La Fille Mal Gardée), ma arrivata negli Statti Uniti con i primi grandi flussi migratori per poi contaminarsi con i ritmi delle danze degli schiavi neri – il tip tap è una disciplina che prevede particolari scarpe munite di speciali rinforzi (divenuti nel tempo di alluminio) sui tacchi e sulle punte, le claquettes o tap. In questo modo le scarpe diventano un vero e proprio strumento suonato dal ballerino stesso.

Clog Dance in La fille Mal Gardée, nella coreografia di Sir Frederick Ashton per il Royal Ballet

Il periodo d’oro dell’arte del tip-tap abbraccia un cinquantennio, dal 1900 al 1955 circa, ed ha la sua fioritura prima nei teatri di vaudeville e a Broadway e successivamente ad Hollywood quando, a partire dagli anni Trenta, i migliori ballerini si trasferiscono dal palcoscenico al grande schermo.

Fred Astaire è considerato tra i primi ballerini che resero grande il tip-tap. Famoso per il suo perfezionismo al limite del maniacale – Michael Kidd, coreografo del film Spettacolo di varietà (The Band Wagon, V. Minnelli, 1953), racconta che il nostro danzatore era in grado di lavorare per settimane anche soltanto su una pausa dei suoi movimenti, pur di arrivare a un ritmo perfetto e soprattutto all’assoluta naturalezza dei gesti – Astaire è ritenuto il più grande in termini di eleganza e ricercatezza coreografica.

La sua figura longilinea è il marchio del suo stile: nobile e leggiadro. I film che interpreta lo vedono spesso nei panni del gentiluomo aristocratico o del ballerino di successo, insomma ruoli che non si discostano poi molto dalla realtà quotidiana. Classe ed eleganza si traducono non solo nel suo guardaroba (cappello a cilindro, frac e ghette o completi d’alta sartoria), ma anche nella gamma dei suoi movimenti: ampi movimenti, linee che tendono all’infinito e mai spezzate, prese delicate ed eleganti anche durante le coreografie più movimentate, pose plastiche ed eteree. Porter di stampo classico, nei passi a due è in grado di guidare la partner con fermezza senza eccedere nei propri movimenti: è la ballerina al centro del passo a due o, al massimo, entrambi i danzatori in maniera equivalente.

Date una rappresentazione, vi applaudono e di colpo pensate di essere arrivati al sospirato successo. Rientrate a casa felici, fino al momento in cui, soffermandovi davanti al televisore, vedete per caso Fred Astaire ballare. E allora tutto quanto è rimesso in discussione.
(Michail Baryshnikov)

 Lo spazio delle sue pellicole, infine, sembra essere la dimensione onirica del sogno; è senza tempo, anche quando si trova in una stanza d’albergo, su un transatlantico o a Central Park come nella celebre scena Dancing in the dark da Spettacolo di varietà dove la danza diventa naturale prolungamento di una passeggiata, elegantemente e senza sforzi, come un sogno ad occhi aperti.

Gene Kelly

Eugene Curran Kelly nasce a Pittsburgh, Pennsylvania, 13 anni dopo Fred Astaire, il 23 agosto 1912.

Sebbene fosse avvezzo al palcoscenico sin da bambino (esibendosi insieme ai quattro fratelli e sorelle) e fosse dedito all’insegnamento nella scuola di danza di famiglia, Gene fu spinto agli studi di giurisprudenza dai genitori. Accettato infine il fatto che il suo unico grande amore fosse la danza e l’arte in generale, a quasi 30 anni abbandona la facoltà di legge per cercare il suo posto a Broadway. Ed ecco già la prima grande differenza con Fred Astaire, che vi giunse quando aveva 18 anni. Come abbiamo detto in precedenza, inoltre, 13 anni di differenza possono non sembrare poi molti, ma nel panorama artistico corrispondono quasi ad ere geologiche: quando Fred muoveva i suoi passi a Broadway la concorrenza non era ancora così spietata come quando vi arrivò Gene. Anche il Musical era diverso: ai primi tempi di Astaire il genere musicale era ancora in via di definizione e le canzoni non sempre erano direttamente integrate con l’azione della scena, cosa fondamentale, invece, nelle pellicole danzanti di Kelly.

Grazie alla sua tecnica e al suo stile innovativo, Gene Kelly riesce comunque a sfondare non solo a Broadway, ma anche e soprattutto ad Hollywood, diventando l’interprete per eccellenza dell’età d’oro del musical. Il film che marca il suo debutto è For Me and My Gal (B. Berkeley, 1942), al fianco di Judy Garland.

Gli si attribuisce il merito di aver apportato un sostanziale cambio di rotta nella storia del musical, introducendo nelle routine di danza movimenti di grande prestanza fisica (a volte al limite dell’acrobatico) che si svolgono in larghi spazi, spesso in contesti urbani.

Dalla fisicità muscolosa e virile, Gene Kelly trasforma radicalmente il canone estetico del ballerino. Atleta e danzatore, grazie alla sua prestanza fisica trasferisce un’inedita energia al mondo del musical che, con il passare del tempo, predilige sempre più movimenti basati sulle capacità atletiche maschili.

Lo stile di Gene è esplosivo e possente, terreno ma gioioso. Se le linee e la fisicità efebiche di Astaire ne sottolineano i movimenti leggiadri, il vigore fisico e il dinamismo di Kelly lo legano a terra.

Il primo sembra sfiorare appena il pavimento con le claquettes, il secondo è come se volesse imprimervi tutta la sua energia vitale. Questo prorompente dinamismo è visibile anche durante i passi a due, dove Gene risulta essere un porter forte e presente, ma a volte praticamente inarrestabile. A riguardo il regista Stanley Donen racconta che la ricerca per la ballerina protagonista della sequenza del sogno in Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the rain, S. Donen e G. Kelly, 1952) non fu cosa facile: serviva, infatti, una donna capace di fermare Kelly semplicemente alzando una gamba. Impresa titanica affidata infine alla dirompente sensualità di Cyd Charisse.

I personaggi di Kelly sono schietti e umani. Se Fred Astaire rappresenta l’aristocrazia, Gene Kelly diventa il simbolo del proletariato: il glamour e l’eleganza del primo lasciano il posto alla quotidianità del secondo. Anche i luoghi del musical diventano più reali e spazio e prospettiva si ampliano per permettere libero sfogo ai personaggi: pensiamo a Un giorno a New York (On the town, S. Donen e G. Kelly, 1949), punto di svolta nella storia del cinema musicale poiché per la prima volta furono effettuate delle riprese per le vie di New York anziché negli studios (anche se originariamente Kelly e Donen volevano che il film fosse girato interamente in esterna) o a È sempre bel tempo (It’s always fair weather, S. Donen e G. Kelly, 1955)che, realizzato in Cinemascope, permette la costruzione di coreografie in grado di riempire lo schermo in tutta la sua ampiezza.

You dance Joy.
You dance Love.
You dance Dreams.
(Gene Kelly)

Gli spazi vengono rivoluzionati anche in quelle stesse pellicole che raccontano della creazione di uno spettacolo o di un film. Nella celeberrima scena di Don Lockwood che danza sotto la pioggia – composta da dieci inquadrature girate e rigirate nonostante la febbre a 39.4 di Kelly – del già citato Cantando sotto la pioggia, il protagonista si lascia andare a un’irrefrenabile esplosione di gioia attraverso una danza inizialmente timidamente accennata, ma che poi esplode inarrestabilmente fino a provocarne la fuga dalla realtà, nonostante balli in strada tra lampioni, vetrine ed enormi pozzanghere d’acqua.

Chi è il numero uno?

Ed eccoli qui, dunque, Fred Astaire e Gene Kelly, divinità indiscusse dell’Olimpo del Musical.

Diversissimi tra loro per fisicità e stile, agli antipodi anche per quanto riguarda i film rappresentati. Eppure simili per lavoro svolto, passione e dedizione messi in ogni singolo movimento.

Fred e Gene erano ballerini completamente diversi, e anche persone completamente diverse. Fred era molto elegante, con movimenti di danza molto lunghi, Gene invece voleva sempre essere l’uomo qualunque.
(Cyd Charisse)

A quelli che li vogliono rivali non diamo assolutamente ascolto, nonostante i due abbiano ballato insieme soltanto una volta. Il numero musicale è The Babbit and the Bromideed (in Ziegfeld Follies, 1946) e la coreografia ha il sapore dei bei tempi andati, lontana dai grandi pezzi ai quali ci hanno abituato; voci di corridoio dicono che Kelly assecondò le richieste di Astaire, non più giovanissimo ma comunque più affermato, nonostante il primo avrebbe voluto proporre qualcosa di più innovativo.

Ad ogni modo il pezzo è l’unico che permette di vederli ballare uno al fianco dell’altro, mettendo in luce tutto quanto detto finora: non esiste un vincitore tra i due, non c’è un primo e un secondo arrivato. Entrambi sono eccelsi e il loro stile è unico e inimitabile. Dal vissuto e dal percorso artistico diverso ognuno dei due è indispensabile e irripetibile, un po’ come Nureyev e Baryshnikov per il mondo del balletto.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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