Priscilla la regina del deserto

Il colorato bus Priscilla è tornato al Teatro Brancaccio di Roma (e ci resterà fino a fine mese per poi partire alla volta di Napoli e di Brescia e tornare nuovamente a Milano anche nel 2020) dopo il successo del tour del 2015.

Tratto dall’australiano film cult del 1994 Le avventure di Priscilla, Regina del Deserto (vincitore del Grand Prix Du Publique al Festival di Cannes e dell’Oscar ai migliori costumi) e poi diventato due anni dopo un musical da più di sei milioni di spettatori, Priscilla è uno sfavillante show da non perdere.

Mitzi, omosessuale e drag queen il cui vero nome è Anthony (“Tick” per gli amici), ha un passato che cela e nega a tutti, persino a se stesso: una moglie e un figlio di otto anni. Il bambino, ormai grande abbastanza da voler finalmente incontrare il padre, è il motore che spinge Tick ad attraversare il deserto australiano. Nascondendosi dietro l’opportunità di un ingaggio ad Alice Springs, Tick/Mitzi coinvolge nel viaggio anche Adam/Felicia, un giovane travestito pieno di vita, e Bernadette, transessuale ed amica di sempre. Il mezzo di trasporto che li condurrà alla meta è un vecchio torpedone grigio, ridipinto di rosa in seguito a un atto minatorio nei confronti dei tre e successivamente battezzato «Priscilla, la regina del deserto».

Come tutte le storie di viaggio che si rispettino, anche quello affrontato in Priscilla diviene una metafora per indicare il viaggio alla ricerca, alla scoperta e, infine, all’accettazione di se stessi.

Il bello di questo musical è che in quel viaggio i tre protagonisti conducono anche tutto il pubblico, affrontando tematiche profonde e spinose a ritmo di hit anni ’70 e ’80, glitter, piume e paillettes. Con Priscilla si ride tanto, ma non per questo è uno spettacolo frivolo e superficiale. Ai momenti di gioia e spensieratezza puri, in cui lo spettatore è partecipe della felicità dei tre protagonisti nell’essere finalmente accettati dalla comunità per quello che sono, si susseguono scene che sono dei veri pugni nello stomaco, dove scritte come «froci di merda» fanno quasi più male delle botte ricevute. Mitzi, Felicia e Bernadette, però, sono delle guerriere: sulle note di I will survive si asciugano le lacrime e procedono a testa alta verso la loro meta.

Ad ogni modo in Priscilla, sebbene si rifletta molto e in maniera profonda e sensibile su temi come l’accettazione di ciò che è diverso da noi, non c’è tempo per la tristezza: ogni scena si trasforma in una festa e il teatro si trasforma in una pista da ballo.

Un tripudio di luci, effetti strobo, parrucche e più di 500 vestiti esageratamente sgargianti accompagnano ed enfatizzano gli intramontabili 25 brani che compongono la colonna sonora, tra cui I will survive, Don’t leave me this way, Material Girl, Go West, True colors, Shake your groove thing, Hot stuff e tanti altri. Praticamente impossibile per il pubblico restare fermo e impassibile sulla poltrona, già a due minuti dall’inizio dello spettacolo vi ritroverete a battere a tempo mani e piedi, ad ondeggiare a destra e a sinistra e ad urlare per la bravura degli interpreti.

Cristian Ruiz è la storica colonna portante della versione italiana del musical, padrone della scena nel doppio ruolo di Mitzi/Tick (personalmente ho adorato la sua dolcezza e il suo iniziale approccio impacciato col figlio); Mirko Ranù alias Adam/Felicia riesce perfettamente a trasmettere tutta l’energia esplosiva e al contempo la grande fragilità del suo personaggio; ma la vera sorpresa della serata è stato Manuel Frattini nel ruolo di Bernadette, semplicemente perfetto. Vorrei avere anche solo la metà della pacatezza, dell’ironia e dello charm di Bernadette.

Bravissime anche le tre dive Arianna Bertelli, Natascia Fonzetti e Alice Grasso.

Per dirla alla Bernadette, non siate «una stronza che si abbronza la patonza»: rispolverate dall’armadio, dunque, il vostro capo più paillettato e portate a teatro con voi amici e parenti.

Priscilla è uno spettacolo adatto a tutti, anche, e soprattutto, alle famiglie. Proprio sul palco, ogni sera, c’è un bambino che racconta cosa vuol dire averne una fuori dagli schemi tradizionali.

Mai come in questi ultimi tempi di odio e di chiusura nei confronti del prossimo c’è bisogno di un musical come Priscilla, il cui messaggio principe è l’accettazione di ogni tipo di differenza.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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