Locandina WWRY

Distopia. Ci troviamo in un futuro lontano 300 anni, nel nostro pianeta che una volta si chiamava Terra e ora ha assunto il nome di Pianeta Mall (il termine inglese mall sta per centro commerciale). Grigio, plasticoso e asettico. Le nuove generazioni non conoscono gli alberi e la terra. La musica rock e dal vivo è bandita. Gli strumenti musicali non esistono più, i computer della Global Soft (guidata dalla senz’anima Killer Queen e dal suo tirapiedi Khashoggi) creano musica e tutti la scaricano in digitale. I giovani, ad esclusione di un ristretto gruppo di ribelli Bohemians, sono vittime della globalizzazione totale: vestono tutti gli stessi vestiti, fanno tutti le stesse cose, pensano tutti le stesse cose, parlano tutti allo stesso modo. Dei piccoli automi privati della libertà di pensiero. La tecnologia è diventata un’ossessione, i social network sono la nuova realtà. Non si coltivano più relazioni e sentimenti dal vivo, ma ci si parla a suon di hashtag e selfie. La resistenza, però, non demorde. Aggrappati con infinita speranza a una leggenda attendono l’arrivo del Sognatore, colui il quale, trovando lo strumento che l’antico dio (della chitarra) ha nascosto in un luogo segreto, condurrà alla rinascita della musica rock.

Questa la trama, che affronta tematiche fin troppo realistiche, di uno dei musical che maggiormente ha scisso in due sia pubblico che critica. Gli estremisti dei Queen hanno puntato il dito contro lo spettacolo e storto il naso perché “le canzoni dei Queen le può cantare solo Freddie”, altri, invece, vedono questo musical come un lodevole omaggio ai quattro rocker.

We will rock you nasce nel 2002, scritto da Ben Elton con la collaborazione dei due membri dei Queen ancora oggi all’attivo, il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor. A discapito di quanto predetto da critica e “integralisti queeniani”, il musical è un successo di pubblico (registra otto milioni di spettatori), restando in cartellone per più di dieci anni e diventando sia il musical più longevo messo in scena al Dominion Theatre (dove sul tetto del teatro svetta una copia della statua di Freddie Mercury) sia il quindicesimo musical più longevo e duraturo del West End di Londra. A seguito dell’ampio successo di pubblico partono vari tour internazionali in tutto il globo.

We will rock you (abbreviato tra i fan in WWRY) debutta per la prima volta in Italia nel dicembre 2009 a Milano (alla presenza di Brian May e Roger Taylor) per poi partire in una tournée lungo lo Stivale e registrare più di 100.000 spettatori.

Il progetto viene nuovamente ripreso alla fine del 2018, ma in una veste nuova: Tim Luscombe alla regia, Valentina Ferrari alla direzione artistica e Riccardo Di Paola alla direzione musicale. Insieme con la produttrice esecutiva Cristina Trotta, il team italiano dello spettacolo ha rispolverato i dialoghi per renderli più attuali e accattivanti, marcando la preoccupante ossessione della nostra società per cellulari, social network e followers.

Premesso tutto ciò, da grande amante e devota dei Queen quale sono (nonché essere dotato di una spiccata curiosità), potevo perdere l’occasione di assistere alla prima romana del nuovo tour italiano? Ovvio che no.

In realtà non mi ero mai documentata sullo spettacolo (leggendo recensioni o vedendone stralci) e ieri sera sono andata con aspettative piuttosto basse; visto appunto il mio amore viscerale per la band, che nutro da quando avevo 12 anni, avevo paura di restare molto delusa dallo show.

La trama è interessante; seppur proponendo una struttura narrativa già vista e rivista, le attualissime tematiche offrono un profondo e stimolante spunto di riflessione. Nella prima metà dello spettacolo la storia è ben sviluppata, mentre diventa troppo frettolosa nella seconda metà, specialmente sul finale. La scenografia (Colin Mayes) è scarna e posticcia e mi ha dato come l’impressione di esser sacrificata (spesso il problema con gli spettacoli non fissi in pianta stabile in un teatro è proprio questo). I costumi al limite del trash; le coreografie (Gail Richardson) insipide. Il corpo di ballo, seppur energico, non risultava omogeneo: laddove veniva inserito un tecnicismo più classico la qualità si abbassava e in varie coreografie i ballerini faticavano a mantenere la simmetria delle posizioni, andandosi ad accavallare col risultato di coprirsi l’uno con l’altro.

Ma, c’è sempre un ma, non è tutto grigio: i musicisti, che sì, suonano dal vivo per tutto lo spettacolo anche se il pubblico riesce a vederli solo alla fine, sono bravissimi. Fenomenali le chitarre delle due uniche donne del reparto musica: Roberta Raschella e Federica Pellegrinelli.

Bravissimi i due interpreti principali degli eroi positivi: Salvo Vinci nei panni di Galileo Figaro e Alessandra Ferrari in quelli di Scaramouche. Loro due e i musicisti valgono il prezzo del biglietto. Vi inviterei ad andare anche solo per godere della loro versione delle canzoni. Sono stati gli unici momenti in cui non ho sentito la mancanza di Freddie. Potenza vocale, estensione ed emozioni. Convincenti anche nella parte recitativa. È stato amore alla prima nota.

L’altra punta di diamante dello spettacolo è Valentina Ferrari nel ruolo di Killer Queen, potente e incisiva, sebbene in alcune canzoni a tratti mi è sembrata sempre uguale, soprattutto nei prolungati gorgheggi a conclusione di ogni brano.

Ci tengo a sottolineare che, se siete amanti e devoti dei Queen, ovviamente dovete approcciarvi a questo musical con lo spirito giusto: non aspettatevi Freddie, né i Queen, né tanto meno uno spettacolo sulla vita dei membri della band. Le canzoni presenti sono esclusivamente brani dei Queen e, anche se un paio portano delle leggere modifiche per ragioni di trama (ma nulla di trascendentale), sono un degno tributo al gruppo inglese.

Nel complesso We will rock you è uno spettacolo godibile e adatto a tutti, sia ai nostalgici degli anni d’oro della musica del rock che ai giovanissimi. Anzi, invito caldamente i giovani ad andare a vedere questa opera rock che permette di riflettere su tematiche importanti mentre si ride e, soprattutto, mentre si ascoltano i reali della musica, i Queen. Non si sa mai che nasca un amore che duri tutta la vita.

Lo spettacolo resterà al Teatro Brancaccio di Roma fino al 3 marzo, per poi proseguire a Napoli, Catanzaro, Reggio Calabria, Catania, Bari, Firenze, Padova, Torino, Gorizia, Parma.

Share:

53 Posts

Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

Leave a reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *