Che disastro di commedia

Chi ha detto che in Italia non si può fare teatro ad alti livelli come, ad esempio, nel West End di Londra o a Broadway? Finalmente è arrivata anche da noi la versione italiana di The Play that goes wrong, la spassosissima commedia inglese nata dall’idea di tre giovani attori.

È il 2014 e Henry Lewis, Jonathan Sayer e Henry Shields sono freschi di diploma dell’Accademia di Arte drammatica di Londra. Scrivono un nuovo spettacolo e lo mettono in scena in un pub a nord di Londra; il pubblico ne è entusiasta e i tre decidono di chiamare Mark Bell, il loro ex professore di acrobatica e clownerie, a dirigere il progetto come regista. The Play that goes wrong è finalmente realtà.

Più tardi nello stesso anno lo spettacolo (e la compagnia al completo, la Mischief Theatre) debutta al Duchess Theatre, nel West End di Londra, e da quel momento diverrà stabile. Nel 2015 arrivano anche l’Olivier Award come miglior commedia dell’anno e un enorme e inarrestabile successo di pubblico.

Si decide così di portare questa gemma anche all’estero e Mark Bell inizia un tour di selezione di attori in tutto il mondo: in ogni Paese cambiano gli attori e la lingua, ma la storia, i costumi e il set sono identici ovunque si vada.

Il 2017 è l’anno dell’Italia: Gabriele Pignotta, Marco Zordan, Yaser Mohamed, Luca Basile, Viviana Colais, Stefania Autuori, Alessandro Marverti e Valerio di Benedetto vengono scelti dal regista in persona tra centinaia di partecipanti dopo giorni di provini.

Quando, a novembre 2017, ho scoperto che il loro tour sarebbe arrivato anche a Roma ad aprile 2018, ho immediatamente comprato i biglietti. Cinque mesi di attesa. Ho segnato la data sul calendario. A fine 2017 pregustavo già la gioia e la spensieratezza che mi avrebbe regalato questo spettacolo. E così è stato.

Dal 5 all’8 aprile scorsi Che disastro di commedia è stato in scena al Teatro Brancaccio di Roma e i nostri ragazzi (concedetemi la parte di mamma orgogliosa) non hanno avuto nulla da invidiare al cast originale inglese.

La storia inizia in maniera abbastanza semplice, ma il caos è dietro l’angolo, e gli attori dovranno vedersela con una serie di sfighe infinite e situazioni al limite dell’impossibile.

Dal momento che lo spettacolo è ancora in tour (saranno a Milano dal 4 al 13 maggio), e spero che prima o poi torneranno nuovamente a Roma, non voglio sbottonarmi sulla trama perché trovo che essere totalmente ignari su ciò che accadrà in scena renda il tutto ancora più divertente.

Posso solamente consigliarvi di andare in bagno a svuotare la vescica prima dell’inizio dello spettacolo e di non bere durante la rappresentazione (giuro, le persone sedute davanti a me hanno rischiato più di una volta di essere innaffiate).

Quello che più mi ha colpito è la bravura degli attori. La loro presenza scenica, il loro non risparmiarsi, la loro atleticità (ma quanta forza e fiato servono per uno spettacolo del genere?! Altro che circuito GAG in palestra!). Come ha detto Mark Bell alla fine della prima romana, questi attori potranno non avere nomi rinomati, ma sono attori veri e genuini (e preparati, aggiungerei).

Di disastroso, in loro, non c’è proprio nulla. Sono presenti sul palco per regalare sonore risate al pubblico. Sono persone che hanno deciso di fare dell’arte e della recitazione il loro mestiere in un Paese dove quando ti chiedono “Che lavoro fai?” e rispondi “L’attore” ti senti incalzare con un “No, ma di lavoro vero, dico, che fai?”.

Insomma, lo spettacolo è brillante, geniale e divertentissimo e gli attori sono affiatati ed eccelsi.  Riderete talmente tanto che uscirete dal teatro con gli addominali di ferro.

Aspetto utopisticamente che diventi uno spettacolo stabile anche in Italia (egoisticamente a Roma).

Che disastro di commedia è uno di quegli spettacoli che dovrebbe esser prescritto dai dottori come cura alla tristezza: da assumere al bisogno, anche più volte al dì, vicino o lontano dai pasti.

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Entusiasta dell'arte in tutte le sue forme. Vado spesso a teatro e poi ve lo racconto.

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